mercoledì 23 maggio 2007

Alla fine della Fiera (dati sul mercato del libro) – 3

“Ci sono tre modi per perdere i soldi: il gioco d’azzardo è il più veloce, le donne sono il più divertente, l’editoria è il più sicuro.”


Mi tornava in mente questa frase mentre giravo tra le migliaia di libri della Fiera del Libro di Torino. C’è qualcosa in questo vasto spiegamento di forze che non mi torna.

 

In Italia si legge poco, ciò è un dato di fatto. Lo raccontano chiaramente i numeri delle vendite dei libri.

Questi numeri, in realtà, non è che si reperiscano tanto facilmente a giro. Su internet si trova tutto, ma io ho provato a cercare più volte i dati delle vendite ripartiti per singoli libri e singoli autori e non sono mai riuscito a trovare niente (unica eccezione su Wu Ming Foundation, ma trattasi di autori sotto pseudonimo). 

Forse sono io che non ho saputo cercare, se è così e qualcuno mi sa indicare dove devo andare gliene sarò grato.

 

Mi spiego meglio: si trovano da tutte le parti le classifiche dei libri più venduti, ripartite per genere, ma le classifiche riportano solo l’ordine delle posizioni; non riesco a trovare quanti libri ha venduto ognuno di quei libri. Ovvero: che differenza quantitativa c’è tra le vendite del primo e quelle del decimo?

E anche: con i diritti d’autore del libro che arriva decimo in classifica uno ci camperebbe?

La risposta credo proprio che sia no.

 

Mi dicono, infatti, che persone che vivono del solo mestiere di scrittore in Italia sono pochissimi. Sono all’incirca quante le dita di due mani. Facciamo tre mani, via, per rovinarci e stare larghi.

 

Guardiamo, ad esempio il campo del giallo italiano, uno dei generi che attualmente va per la maggiore. Premesso che si tratta di cifre molto indicative ed approssimate, mi risulta che in questo settore ci siano tre autori che vendono ogni volta abbondantemente sopra le centomila copie. Poi ci sono sette od otto autori, che sono considerati dei grandi scrittori, ed effettivamente lo sono, che vendono grosso modo sulle venticinquemila copie. Poi ci sono gli altri.

Teniamo conto che per una grande casa editrice vendere duemila copie di un libro è considerato il minimo per mantenerlo in vita e che se un volume raggiunge le settemila copie vendute le grandi case stappano lo champagne.

 

Mi chiedo che senso abbia una struttura produttiva industriale, come è quella dell’editoria, una rete di distribuzione capillare e diffusa come è quella che porta alle tante librerie sparse nel paese, se poi mediamente si vendono 2 o 3.000 esemplari di ogni pezzo prodotto. Quale produzione industriale può stare in piedi supponendo di vendere solo poche migliaia di pezzi?

I numeri del mercato dei libri sono più da artigianato che da industria.

Forse questo spiega perché vengono pubblicati così tanti titoli che si affastellano, spesso inutilmente, nei ponderosi cataloghi delle case editrici. La macchina ha bisogno di macinare comunque tanta carta per stare in piedi e quindi se un titolo vende mediamente poco, allora è necessario che i titoli siano tanti. Più sono, poi, e più facile è azzeccare il colpaccio che tira su il bilancio.

 

L’aspirante scrittore che abbia fini di lucro, consideri dunque che anche se arrivasse a pubblicare con una grande casa editrice, è probabile che le vendite del suo libro vadano a cadere tra le duemila e le tremila copie. Considerando un diritto d’autore pari al 5 % del prezzo di copertina, il conto è presto fatto (a titolo di esempio, per i più pigri, 16 x 3.000 x 5% = € 2.400 lordi).

 

Può darsi che i numeri di cui dispongo siano tutti sballati, ma a grandi linee la situazione è questa.

 

Per fortuna chi scrive lo fa quasi sempre per motivi ideali, e non per la vile pecunia.

 

Gli autori, quindi, a meno di non azzeccare il colpaccio, non guadagnano poi molto dalla vendita dei libri.


Ma dai conti che ho avuto modo di fare, non dovrebbero guadagnarci neppure gli editori.

 

Segue…

1 commento:

cavalierginevra ha detto...

..scrivere è un mestiere elitario, sig. cala..altrimenti è una passione per il cuore..
..cavaliera (fu) di scrittura.. :D