Ho avuto modo di leggere la ristampa del numero 1 di Diabolik e devo dire di esserne rimasto affascinato.
Il fumetto fu creato Angela Giussani, moglie di Gino Sansoni, e da Luciana Giussani nel 1962.
Questo primo numero di Diabolik non mi ha colpito per i disegni, che pure hanno una loro intensità naif. Essi furono realizzati da Zarcone, detto “il tedesco” per i capelli chiari, che dopo questa prova non detta più traccia di sé (anzi, rischiò di volatizzarsi anche prima, perché dopo aver consegnato una parte delle tavole e aver incassato i soldi del compenso si eclissò e Sansoni dovette andarlo a ricercare per farsi dare l’ultima parte del lavoro). Dopo il numero 2 disegnato dalla signora Giacobini, in arte “Kalissa”, il fumetto venne preso in mano da Luigi Marchesi, che nel 1964 ridisegnò completamente il numero 1.
La cosa che mi ha affascinato è stata la sceneggiatura, che sfrutta in maniera insistita ed efficace un meccanismo tipico del thriller, ovvero la tensione generata dalla differenza di informazioni esistente tra i personaggi e il lettore. Chi legge sa, infatti, che l’uomo al quale alcuni dei protagonisti “buoni” si affidano ciecamente è in realtà un pericoloso assassino. E quindi, il lettore trepida ed è preso da momenti di sconforto ogni volta che i “buoni” rivelano informazioni preziose al “cattivo” o si lasciano docilmente condurre verso una triste fine. All’utilizzo di questo meccanismo si aggiunge la tempestività con cui la trama viene interrotta dalla fine dell’album, lasciando una delle protagoniste, inconsapevole, nelle mani di Diabolik con conseguente irresistibile curiosità del lettore di sapere che ne sarà di lei.
Se si considera che quella era la prima volta che le sorelle Giussani scrivevano una sceneggiatura non c’è da rimanere stupiti del lungo successo che Diabolik ha avuto.