mercoledì 2 luglio 2008

Parigi 1985 - 15

Parigi 1985 - 15

Attraverso la Senna sul ponte d'Iena e vedo la Torre Eiffel ingrandirsi sempre di più, passo dopo passo.
La prima impressione è che sia immensa: foto, cartoline, film non le rendono giustizia; è molto più grande di quanto si possa immaginare e poi, cosa che mi colpisce perchè, chissà come mai, la credevo nera e scura, è grigiastra, quasi chiara. Sono gli antiruggine, mi dicono.




Nessuna cosa nasce per caso: questa torre sorse in occasione della esposizione universale del 1899 e veniva a simboleggiare la fiducia dell'uomo nella tecnica e la sua capacità di dominare l'acciaio e la gravità.
Potremmo anche ritenere questa opera insensata e inutile, una sfida che l'uomo moderno e meccanico ha lanciato alla natura e in effetti in un racconto di Buzzati intitolato, appunto, "La Torre Eiffel" essa è stata immaginata come una novella torre di Babele per erigere la quale degli uomini hanno dinamicamente (unica differenza con lo statico Drogo della Fortezza Bastiani) ed inutilmente dedicato tutta la loro vita.
Il narratore di questa breve storia è un valente operaio meccanico che un giorno viene ingaggiato dall'ingegnere Eiffel per collaborare alla costruzione della gigantesca struttura.
Condizione indispensabile per essere assunto è il mantenere un misterioso segreto che solo in seguito gli sarà svelato.
L'opera inizia e rapidamente procede.
Folle di parigini osservano giorno e notte i meccanici volteggiare alti sulla incredibile intelaiatura. Una mattina però gli operai si accorgono che una nebbia artificiale, approntata con la scusa di impedire loro di cadere vittime di vertigine, viene a nasconderli dagli occhi dei curiosi.
Il lavoro prosegue; dopo due anni si giunge infine a quota trecento metri, quella stabilita dal progetto ufficiale. L'ingegnere convoca i suoi uomini, li ringrazia del loro impegno e chiede che qualcuno resti volontario per portare avanti la parte segreta della torre.
Il nostro resta e continua a lavorare insieme a tanti altri e la costruzione prosegue sempre più in alto, protetta dalla nebbia artificiale. Per guadagnare tempo si costruiscono delle case per operai sospese sulle intelaiature, così da essere subito al cantiere.



L'entusiasmo permea tutti i partecipanti all'impresa: "fu in quel periodo che si cominciò lentamente ad intuire la meravigliosa verità, il motivo cioè del segreto. E non ci sentivamo più operai meccanici, noi eravamo i pionieri, gli esploratori, eravamo gli eroi, i santi. Si cominciò ad intuire che la costruzione della Torre Eiffel non sarebbe terminata mai, ora si capiva perchè l'ingegnere avesse voluto quel sesquipedale piedistallo, quelle quattro ciclopiche zampe di ferro che sembravano assolutamente esagerate. La costruzione non sarebbe finita mai e per la perpetuità dei tempi la Torre Eiffel avrebbe continuato a crescere in direzione del cielo, sopravanzando le nubi, le tempeste, i picchi del Gaurisangar. Fin che Dio ci avesse dato forza, noi avremmo continuato a bullonare le travi d'acciaio una sopra l'altra, sempre più in sù, e dopo di noi avrebbero continuato i nostri figli, e nessuno della piatta città di Parigi avrebbe saputo, lo squallido mondo non avrebbe capito mai."
Ma il sogno presto svanisce: un traditore rompe il segreto, il governo invia la gendarmeria che fa sgombrare la torre. E' la fine: "disfecero il poema da noi elevato al cielo, amputarono la guglia a trecento metri d'altezza, ci piantarono sopra il cappelluccio che ancora adesso vedete, miserabile. La nube che ci nascondeva non esiste più, per questa nube anzi faranno un processo alle Assise della Senna. L'aborto di torre è stato tutto verniciato di grigio, e pendono lunghe bandiere che sventolano al sole, oggi è il giorno dell'inaugurazione.
Arriva il presidente in tuba e redingote tirato dalla quadriglia imperiale. Come baionette balzano alla luce gli squilli della fanfara. Le tribune d'onore fioriscono di dame stupende. Il Presidente passa in rivista il picchetto dei corrazzieri. Girano i venditori di distintivi e coccarde. Sole, sorrisi, benessere, solennità. Al di qua del recinto, smarriti nella folla dei poveri diavoli, noi vecchi stanchi operai della Torre ci guardiamo l'un l'altro, rivoli di lacrime giù per le barbe grigie. Ah, giovinezza!"




Testi di Sergio Calamandrei (www.calamandrei.it)

Foto di Akio (Caro televip e A video spento)

 


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Segue…







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